giovedì, 21 giugno 2007


Mi manca di Cagliari il mare, le belle giornate di sole e di vento, il lungomare, le salite e le discese, la semplicità di avere tutto ad-un-quarto-d’ora-massimo  di distanza.Di Cagliari mi mancano soprattutto mia mamma, i miei fratelli, i pranzi tutti insieme a parlare per ore con Ares che abbaia se si alza troppo la voce. Mi manca la certezza di incontrarsi domani o dopo senza dover pensare alle ferie, ad aerei da prenotare e coincidenze da trovare. Mi mancano certi amici, certe amiche e le lunghe chiacchierate notturne, i caffè pomeridiani, le camomille la sera. Mi mancano certe domeniche cagliaritane di niente e di noia passate tra the e cinema in mancanza d’altro da fare tanto scontate ma anche tanto rassicuranti nella loro schiacciante banalità. Mi manca Zap con il suo mondo…un mondo completamente fuori corde per una città del genere. Una città che definisce tutto ciò che non riesce a comprendere strano. Non mi mancano di Cagliari gli edifici orrendi, l’architettura assente, il cemento predominante sul verde. Non mi manca il traffico intenso e incasinato nonostante i pochissimi abitanti segno evidente che non si riesce ad organizzare nemmeno una cosa tanto semplice. Non mi manca di Cagliari l’inettitudine e l’indolenza dei suoi abitanti sempre pronti a contestare e a lamentarsi ma così immobili e qualunquisti. Non mi manca la provincialità e il senso di inferiorità che si respira in tutti i locali più fighetti; non mi piace la banalità di chi non ha mai vissuto oltre il suo solito metro quadrato sardo e si atteggia a grande conoscitore del mondo e dispensatore di verità assolute. Non mi manca il poco senso di indipendenza e autonomia delle persone, la scarsa capacità che hanno nel prendere nelle proprie mani la vita. Quelli che fanno mille discorsi sul “mi piacerebbe fare questo e quello…” ma l’unica energia che utilizzano è quella per esprimere tale frase, non realizzando nessun progetto. Non mi mancano quelli che credono che la vita di una persona debba corrispondere a tappe prefissate: lavoro fisso, mutuo, casa di proprietà, matrimonio, figli…non rendendosi conto che non possono definirle “sogni nel cassetto” perchè si tratta di cose che nella vita accadono o meno senza togliere nulla a quello che siamo. Come può un figlio essere un sogno, un’ambizione? Puttana Eva….un figlio è una persona, è un essere umano…non è qualcosa che può riempire le nostre frustrazioni. Ecco, detesto chi vede le cose in questo modo e che guarda con occhio storto chi sceglie per sè qualcosa di diverso. E a Cagliari tutti guardano con occhio storto chi si dimostra un pò più libero, chi ha voglia di fare qualcosa e prova a farlo…. oltre allo stare alle palmette in attesa che un’ennesima giornata di sole finisca. Non mi piace la difficoltà che le persone incontrano nel creare nuove cose, con lo scetticismo, l’ignoranza e l’ invidia che gli si ritorce contro. Odio il clientelismo che infesta qualsiasi settore lavorativo…qualsiasi! Odio la poca voglia di voler cambiare le cose perchè tanto tutti…anche il più sfigato…ha ad aspettarlo a casa un figlio, un cane o una ragazza a cui pensare. Non mi manca il divertimento scontato sempre uguale da decenni e decenni: soliti locali, solite formule e soliti organizzatori…tutto identico ancora prima che nascessi! Detesto le scarsissime possibilità di lavoro, i call center dilaganti, la totale mancanza di professionalità. Siamo nell’era della globalizzazione, di internet e forse qualcosa anche nella ridente cittadina si è svegliata ma, che lo si voglia o no, la Sardegna continua ad essere 30 o 40 anni indietro rispetto al resto d’ Italia (che già è arretrata rispetto agli altri Paesi…). Non parlo dell’ultima moda in voga, delle novità cinematografiche…queste cose arrivano in tempo reale, ovviamente. Parlo della mentalità della gente, della lentezza che avvolge ogni cosa, delle infrastrutture assenti. La Sardegna è così…chiusa in sè stessa: penalizzata e protetta allo stesso tempo dal mare. Chi ci vive si professa penalizzato ma in fondo si sente protetto: gli manca totalmente il confronto con il resto del mondo, non si mette in gioco e conosce solo poche e semplici logiche che regolano il proprio metro quadrato sardo.Non mi mancano le amicizie che vanno avanti per inerzia, quelle di persone che vedi tutti i giorni e a volte pensi pure che siano amiche ma poi ti accorgi che mettendo tra te e loro tempo e kilometri l’amicizia è davvero un’altra cosa. Non mi manca il maestrale forte e noiso. Non mi manca quello scazzo nell’uscire e sapere di trovare le solite cose e le solite persone. Non mi manca il confrontarmi con persone che non hanno nulla da rivelare e le conversazioni che non inizieranno mai con il “where are you from?” perchè tanto siamo tutti nati e cresciuti nel metro quadrato sardo accanto.Non mi manca la lentezza della città anche quando tu sei veloce. Non mi manca l’arrendevolezza dei sardi che hanno sempre permesso che qualche padrone mettesse loro il giogo. Oggi come migliaia di anni fa, è sempre la solita storia. Ma fino a che ci saranno sardi che si accontenteranno godendo di un bagno al poetto dopo l’ufficio ritenendo di essere i più fortunati al mondo….beh…..nemmeno ne parliamo, no? Forse sono troppo critica con la mia terra d’origine ma lo faccio consapevole dell’ amore incondizionato che provo come una figlia con la propria madre. So da dove vengo e quando me lo domandano spiego sempre che arrivo dalla Sardegna e non proprio dall’ Italia  🙂 Non manco mai di farlo, di spendere una buona parola a favore della mia città, di insegnare una parola in sardo. Ma sono tanto, tanto arrabbiata perchè nascere in Sardegna è quasi un handicap. Te ne accorgi solo quando vai via. Ce la possiamo cantare e suonare sulla bellezza dei paesaggi, sulla schiettezza della gente, su una certa qualità della vita  e bla bla bla ma in realtà sappiamo quanto siamo svantaggiati rispetto ai nostro cugini occidentali. Certamente avremmo potuto nascere ancora un pò più a Sud ed ora io non avrei questo PC su cui scrivere queste stronzate e tu non avresti il tuo per poterle leggere. Anzi…forse non sapremmo nemmeno la differenza tra una vocale ed una consonante. Amo la mia terra, tanto. Eppure ora come ora sento la necessità di tornarci solo per gli affetti che ho lasciato e di cui sento la mancanza. Prima o poi andrò via anche da qui ma sento che a Cagliari non voglio più tornarci stabilmente perchè non voglio più provare quella sensazione anche chiamata “ma che cazzo ci sto a fare qui” e non voglio più combattere con l’inettitudine delle persone. Sono nata in un metro quadrato sardo qualsiasi ma non so…ho bisogno di più spazio: sto valutando se l’intero mondo può bastare! 🙂At si biri mellusu

Notavo che nei film il trasloco viene rappresentato in un modo quasi surreale. Il personaggio in questione si sposta con freschezza e senza segnali di affaticamento tra scatole di cartone ben sistemate e riempite appena; indossa vestiti puliti, ha i capelli in ordine, magari un pò di make-up e, perchè no, se passa un amico inatteso ha pure il tempo di preparargli una bella tazza di the da bere in tranquillità, seduti a chiacchierare di argomenti urgenti come, che so….episodi della propria infanzia. Non esistono scatole e borse che scoppiano e nelle quali si cerca di far entrare anche l’ultima cosina; niente ante che si aprono a sorpresa rivelano che non siamo ancora passati da quelle parti a mettere via tutto complicando l’organizzazione logistica di borse e scatole; non esiste che ti chiami qualcuno per prendere un caffè e tu gli rispondi che devi finire il trasloco entro le sette e ti manca ancora un sacco di roba da mettere via…e che hai saltato pranzo, merenda e doccia per finire il prima possibile; nei film non si preoccupano nemmeno di pulire la casa dopo averla svuotata delle proprie cose: evidentemente la rendono così….vissuta. Tutto questo mi affascina e allo stesso tempo mi lascia contraddetta. In particolare mi riferisco ad un film francese che ho visto due mesetti fa “Cambio di indirizzo” in cui si consuma una scena come quella sopra descritta. Si, oggi inizio il trasloco. Diciamo che ho molto tempo perchè terremo la casa attuale fino al 30. Ad ogni modo sabato arrivano degli amici che  ospiteremo qui, nella casa 1 mentre noi staremo nella casa 2. Quindi diciamo che entro domani il più delle cose deve materializzarsi nella casa due anche perchè la settimana prossima non avremo tanto tempo: si sta con gli amici in vacanza, si lavora ed io farò uno stage con un regista che mi impegnerà mattina e pomeriggio. Oggi sono libera e devo iniziare a svuotare l’armadio. Sono anche sola dato che il mio concubino si trova a Cagliari e tornerà questa notte. Domani bisognerà trovare il tempo per fare un sacco di cose insieme! 🙂 Non mi va: c’è un bellissimo sole, mi sento estremamente rilassata e vorrei andare a mangiare in una delle splendide brasserie qui vicino e magari fare una lezione di danza. So già, però, che se ora uscissi senza una meta precisa inizierei a visitare negozi di cosmetici e a comprare cremine, profumini e simili come è accaduto l’altra settimana e questo non è un buon periodo per sperperare! Invece andrà così: mi preparerò un nescafè e mangerò una mela nella speranza che mi assalga la sindrome da massaia permettendomi di fare ogni cosa con una velocità e organizzazione perfetta, impedendomi di sentire fame, sonno, cellulare, PC, stanchezza fino a che non avrò terminato tutto!